INQUINAMENTO ATMOSFERICO
Per inquinamento atmosferico s'intende l’insieme delle sostanze presenti nell’aria che hanno effetti dannosi sugli esseri umani, sugli animali, sulla vegetazione o sui materiali. Gli inquinanti atmosferici sono gas e particelle.
Possono avere un’origine naturale, come per esempio le sostanze rilasciate nell’atmosfera da un’eruzione vulcanica o da un incendio, oppure origine antropica, ossia essere prodotti dalle attività umane, quindi dai processi industriali e dall’utilizzo di motori a combustione, ma anche dal riscaldamento delle abitazioni e dall’alimentazione dei fuochi utilizzati per cucinare. Quando si accumulano in quantità eccessiva contribuiscono all’inquinamento atmosferico anche sostanze normalmente presenti nell’aria, come l’anidride carbonica.
Gli inquinanti atmosferici vengono classificati in:
primari, inquinanti che vengono liberati nell’ambiente come tali, per esempio il monossido di azoto e il biossido di zolfo;
secondari, inquinanti che si formano in seguito a reazioni chimico-fisiche che avvengono nell’atmosfera, per esempio l’ozono e il nitrato di ammonio.
Gli inquinanti atmosferici gassosi includono:
gli ossidi di zolfo, principalmente il biossido di zolfo o anidride solforosa (SO2);
gli ossidi di azoto, principalmente l’ossido nitrico (NO) e il biossido di azoto (NO2);
i composti organici volatili (VOC), tra cui gli idrocarburi alifatici (propano, butano, esano…) e la formaldeide;
il monossido di carbonio (CO).
Il particolato atmosferico (PM) viene classificato in base al diametro aerodinamico delle particelle:
PM10, insieme delle particelle di diametro inferiore a 10 micron (un micron, μm, corrisponde a un millesimo di millimetro);
PM2,5, insieme delle particelle di diametro inferiore a 2,5 micron, dette particelle fini;
PM0,1, insieme delle particelle di diametro inferiore a 0,1 micron, dette particelle ultrafini.
Le particelle più grandi con la giusta illuminazione sono visibili sotto forma di polvere o caligine, mentre quelle più piccole sono invisibili. Quanto più le particelle sono fini tanto più sono in grado di penetrare nelle vie respiratorie; le particelle più piccole riescono persino a raggiungere il sangue.
DOVE SI TROVA
L’inquinamento atmosferico interessa sia gli ambienti esterni (outdoor) sia gli ambienti interni agli edifici (indoor). Questa circostanza di esposizione agli inquinanti è spesso sottovalutata, eppure l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha calcolato che l’inquinamento indoor dovuto ai fuochi usati per cucinare è causa di 3,8 milioni di morti, la maggior parte delle quali nei paesi a basso e medio reddito.
Secondo uno studio di qualche anno fa, nel 2015 l’inquinamento atmosferico indoor dovuto ai combustibili fossili era al decimo posto nella lista dei fattori di rischio di morte, mentre il particolato era al quinto posto.
L’inquinamento atmosferico in generale affligge soprattutto popolazioni vulnerabili. Le persone che vivono in Africa, Adia e Medio Oriente mediamente respirano una quantità di inquinanti atmosferici superiore a quella delle persone che vivono in altre parti del mondo. Le persone di bassa estrazione socio-economica hanno spesso un’esposizione maggiore all’inquinamento atmosferico in quanto vivono in aree più trafficate e vicino a fonti di inquinamento come centrali energetiche e impianti industriali. Le persone più disagiate hanno inoltre maggiori probabilità di essere esposte per lavoro a vapori, polveri, fumi e gas.
I bambini sono molto vulnerabili all’inquinamento atmosferico dato che nelle parti del mondo dove si bruciano biomasse nelle abitazioni per cucinare e riscaldare l’ambiente i bambini piccoli, e le loro madri, sono pesantemente esposti all’inquinamento indoor; in più, i bambini passano più tempo all’aria aperta e sono molto attivi fisicamente, il che può portarli a respirare grandi quantità di inquinanti.
GLI EFFETTI SULLA SALUTE
L’esposizione all’inquinamento atmosferico può causare sintomi immediati (come tosse, lacrimazione, difficoltà respiratorie e angina), ma è soprattutto associato a problemi medici a lungo termine. L’aria inquinata entra nel corpo attraverso le vie respiratorie, tuttavia ha effetti sistemici. Si stima che siano da attribuire all’inquinamento atmosferico (outdoor e indoor) circa 500.000 decessi per tumore del polmone e 1,6 milioni di decessi per broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), ma anche il 19% dei decessi per malattie cardiovascolari. Chi soffre già di patologie croniche (es. malattie cardiopolmonari o diabete) è maggiormente suscettibile agli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico.
Il tipo di danno causato dai gas inquinanti dipende dalla loro solubilità, concentrazione e capacità ossidante. Per esempio, il biossido di zolfo è molto solubile in acqua e danneggia principalmente le prime vie respiratorie e la pelle, mentre il biossido di azoto e l’ozono sono meno solubili e riescono a penetrare più in profondità nei polmoni. Il monossido di carbonio è altamente solubile, non è irritante, ma passa facilmente in circolo, lega l’emoglobina al posto dell’ossigeno e causa ipossia (scarsa ossigenazione) dei tessuti.
Il particolato di dimensioni maggiori danneggia le mucose e il tratto respiratorio superiore, il PM2,5 penetra negli alveoli polmonari (la porzione terminale delle vie respiratorie) e il PM0,1 passa nel sangue (perciò potenzialmente può raggiungere tutte le cellule del corpo). Al di là delle dimensioni delle particelle, il danno provocato dal particolato dipende dalla sua struttura e composizione, per esempio quello fortemente acido è più e dannoso. Il particolato può fungere da veicolo per altre sostanze tossiche: durante la combustione dei materiali fossili, i metalli pesanti in essi contenuti in abbondanza si depositano sulla superficie delle particelle ultrafini e riescono così a penetrare nel tessuto polmonare, danneggiandolo. Andando a interagire con gli allergeni respiratori il particolato può inoltre scatenare l’asma allergica in soggetti predisposti.
Gli inquinanti atmosferici causano uno stato infiammatorio che dal polmone si diffonde al resto dell’organismo, raggiungendo anche organi distanti. L’accumulo del particolato nei polmoni porta all’infiammazione cronica di questi organi e ne favorisce la fibrosi (in sostanza induce la formazione di “cicatrici” nel tessuto polmonare).
L’inquinamento atmosferico aumenta il rischio di cancro. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha incluso l’inquinamento atmosferico outdoor nell’elenco degli agenti cancerogeni (Gruppo 1, cancerogeni certi). Numerosi studi hanno dimostrato che l’esposizione a PM10 e PM2,5 si associa a un più alto rischio di sviluppare un tumore del polmone; i gas di scarico dei motori diesel si associano a un aumentato rischio di tumore del polmone e della vescica; l’esposizione al benzene, contenuto nei gas di scarico, si associa al rischio di leucemia nei bambini.
L’inquinamento atmosferico è stato associato a numerose altre condizioni, tra cui:
infertilità;
problemi con la gravidanza (es. scarsa crescita del bambino, maggior rischio di parto prematuro);
ritardi dello sviluppo psicomotorio e cognitivo nell’infanzia;
disturbi del sonno;
diabete;
malattie cardiovascolari (es. infarto, ictus, ipertensione, scompenso cardiaco);
demenza;
asma;
BPCO;
allergie e malattie autoimmuni;
malattie infiammatorie croniche dell’intestino, osteoporosi e fratture ossee;
disturbi agli occhi (es. occhio secco, congiuntivite e blefarite);
problemi cutanei (es. acne, invecchiamento della pelle).
COME DIFENDERSI
Per prevenire i danni provocati dall’inquinamento atmosferico bisogna evitare quanto più possibile di esporsi ai gas e al particolato inquinante.
Alcuni comportamenti utili possono essere:
evitare le zone trafficate, specialmente negli orari di punta;
cambiare l’aria delle stanze con regolarità, evitando di farlo negli orari in cui l’inquinamento esterno è più alto;
tenere aperte le finestre quando si utilizzano spray o solventi;
non soggiornare a lungo in una stanza in cui è presente una stufa o un camino a combustibile fossile;
utilizzare dispositivi per la purificazione dell’aria (anche alcune piante aiutano a depurare l’aria della casa).
Il fumo di tabacco può essere considerato una forma di inquinamento ambientale a dosaggio elevato. Evitare di fumare protegge non solo se stessi, ma anche chi ci è vicino ed è esposto al fumo passivo, specialmente negli ambienti chiusi.
Fonti:
LEGIONELLA
Meglio conoscerla
In questa famiglia di batteri, 50 specie diverse, ve ne sono 2 che possono rappresentare un pericolo per la salute umana, questo perché le situazioni di potenziale proliferazione sono in genere i luoghi indoor, domestici o professionali.
Il suo nome lo deve ad una grave epidemia avvenuta negli anni 70 in un albergo statunitense, nel quale si teneva una riunione di veterani di guerra, American Legion.
La ragione della morte di 34 ex soldati la si scoprì nel ’77, anno successivo l’epidemia, il batterio, che da allora fu chiamato Legionella, si diffuse attraverso l’impianto di condizionamento dell’albergo dove alloggiavano.
Quel drammatico episodio insegnò a conoscere questo batterio e stimolò la ricerca su di esso. Oggi sappiamo che vive nell’acqua, fiumi, laghi, terreni, stagni (…),ambienti nei quali prolifica e si sposta seguendo le vie dell’acqua, tubazioni, condotti, fontane, serbatoi (…) e che il suo habitat ideale ha condizioni ben definite:
- acqua stagnante
- presenza di incrostazioni e sedimenti
- presenza di biofilm (agglomerati melmosi)
Le condizioni ambientali dell'acqua dove vive vanno dai 5,7° a 55°, con il massimo target di prolificazione ad una temperatura compresa tra i 25° e i 42°.
Il fattore tra i più importanti da conoscere per evitare rischi è quello della trasmissione, in particolare in soggetti di età avanzata, immunodeficienza, patologie cronico/degenerative e soprattutto per il sesso maschile.
La Legionellosi si contrae attraverso areosol, inalando cioè acqua contaminata in piccole goccioline (1-5 micron) provocando un’infezione polmonare che può dare o uno stato di febbre che si risolve in 2-5 giorni oppure, dopo un’incubazione di 5-6 giorni, a cefalee e tosse, sintomi gastrointestinali, complicanze neurologiche e cardiache. Nei casi estremi è letale (5-10 % dei casi). Al manifestarsi dei primi sintomi di polmonite non può essere riconosciuta per quello che è se non proprio per il coinvolgimento simultaneo degli organi extrapolmonari.
Le coordinate ambientali sopraelencate in cui ha luogo la contaminazione, suggeriscono immediatamente quali possono essere i punti critici in casa o in ambiente lavorativo: tutte quelle situazioni o condizioni in cui l’acqua è vaporizzata devono essere attenzionate da interventi di pulizia e sanificazione.
Condizionatori d’aria, umidificatori, vaporizzatori, bollitori, soffioni della doccia, fontane, zone limitrofe a torri di raffreddamento, irrigatori, …
Come si capisce i punti critici possono essere davvero molti, e se a monte di questi l’acqua ha stagnato o è venuta a contatto con incrostazioni o biofilm il rischio esiste.Molte di queste situazioni possono trovarsi anche nei luoghi di lavoro, tantè che il Ministero del Lavoro ha inserito nel D.lgs. 9 Aprile 2008, n. 81 Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro l’obbligo da parte del Datore di lavoro di inserire, in particolare per i batteri Legionella pneumophila e Legionella spp, il rischio "contaminazione da Legionella" nel DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) nella sez. agenti biologici.
La prevenzione è fondamentale per diminuire le percentuali di rischio, le occasioni per la sua attuazione sono due: la prima in fase di progettazione degli impianti che, secondo la norma tecnica UNI 9182 approvata dalla Conferenza Permanente Stato/Regioni, devono avere una serie di indicazioni tecniche di fattura e qualità degli impianti e della loro installazione. Secondo la manutenzione, importantissima se fatta costantemente per evitare le principali cause della proliferazione. Facendo pulizia e sanificazione costante si evitano sedimenti e incrostazioni, lo sviluppo di agglomerati vegetali e biofilm, o installando alla fonte dell’ aprovigionamento idrico degli appositi filtri che fungono da barriera ai batteri.
Quando tutto questo non è stato sufficiente, le possibilità di intervento risolutivo per la sanificazione sono molte, di tipo chimico, meccanico o ottico.
La nostra azienda è consapevole di quali siano i rischi per i nostri clienti, tanto che ci premuriamo di spiegare quanto sia importante per loro avere un contratto di manutenzione grazie al quale abbiamo occasione di fare prevenzione con l’utilizzo di specifici prodotti, e garantire lo stato di salubrità dei loro impianti.
Fonti Ministero della Salute e Ministero del Lavoro.
UMIDITÀ
Un vero nemico?
Generalmente la parola umidità ad un primo ascolto ha un’ accezione negativa, succede però poi che se spiegata o inserita in contesti specifici si riabilita, ma è indubbio che il primo sentimento è di difesa, di reazione come se si trattasse di un nemico.
Ma l’umidità è davvero un nemico?
Anzitutto un po di chiarezza sulla destinazione di questo approfondimento, vogliamo parlare di umidità dell’aria e non dell’umidità dei muri, quest’ultima infatti è solo una lontana parente di ciò che si vuole approfondire in questa sede. Ad accumunare queste due forme di acqua nelle nostre case o in ufficio sono le conseguenze che esse hanno sulla salute, entrambe infatti sono un fattore di rischio per lo sviluppo e la permanenza di muffe e funghi, e quindi di batteri e virus.
Cerchiamo anzitutto di capire meglio cos’è l’umidità dell’aria.
È la quantità di vapore acqueo contenuto in essa, viene misurata in grammi per metro cubo con uno strumento chiamato igrometro e viene dettagliata secondo le seguenti definizioni:
- umidità assoluta è il vapore acqueo contenuto in un metro cubo d’acqua;
- umidità specifica è il rapporto tra il vapore acqueo e la massa d’aria in essa contenuto, questa misura cambia in relazione a temperatura e pressione ed è la misura più utilizzata;
- umidità relativa indica la percentuale di vapore acqueo contenuto nell’aria e la quantità massima che quella stessa massa d’aria può contenere a pari condizioni di pressione e temperatura.
L’acqua è dunque un elemento che fa parte dell’aria che respiriamo e con cui la nostra pelle e mucose vengono costantemente in contatto, e come tale influisce sulla nostra salute. In base alla quantità contenuta nell’aria può avere effetti positivi o negativi, e dunque essere un’alleata o un nemico per il nostro benessere.
Un basso tasso di umidità dell’aria, sotto 30 %, può generare secchezza delle vie respiratorie cioè bassa salivazione, labbra screpolate, mal di gola, respiro affannoso e in casi estremi asma. L’umidità arriva fino in fondo ai nostri polmoni, nelle parti più profonde e piccole, i bronchioli, là dove avvengono gli scambi di ossigeno con il sangue, la giusta idratazione rappresenta una condizione fondamentale per questi meccanismi vitali.
Quindi un’aria troppo secca non è salutare, ma nemmeno troppo umida va bene, l’acqua è infatti l’ambiente fondamentale per la proliferazione di muffe e funghi che possono diventare pericolosi per allergie cutanee e respiratorie, rinite, congiuntivite. Persino la presenza di parassiti può essere influenzata dal tasso di umidità: gli acari della polvere. Questi animali vivono in ambienti umidi caldi e mal ventilati.
Le loro condizioni ottimali di vita e proliferazione sono di umidità al 75-80% e temperatura di 25°-28°C. Si pensi che in un grammo di polvere ci sono 3 acari in ambienti secchi e 83 in ambienti umidi, e un solo grammo di polvere può contenere fino a 1.500 acari. Acari significano allergia che provoca dermatiti e asma in forme più o meno gravi.
Oltre ai rischi per la salute, un tasso troppo alto (70 %) o basso (40 %) di umidità, esaspera la percezione della temperatura facendoci sudare o rabbrividire secondo la sensazione che abbiamo del caldo (afoso) o del freddo (umido) e non secondo quelle che sono le reali temperature.
Capito che l’umidità è sempre da considerare in relazione alla temperatura, vediamo quali sono le coordinate di massima dei migliori rapporti tra i due fattori:
- 18° di temperatura, umidità relativa del 60 %
- 20° di temperatura, umidità relativa del 50 %
- 23° di temperatura, umidità relativa del 40 %
Valori validi per adulti in buona salute in uno stato di riposo e non di lavoro o movimento frenetico. Per profili più sensibili come bambini, anziani o malati, questi parametri vanno rivisti seguendo consigli medici specifici.
Sempre in linea generale nei diversi ambienti casalinghi i parametri consigliati possono variare in relazione alla vita e alle condizioni particolari che alcuni ambienti richiedono. Per esempio in cucina esiste l’emissione di vapore dalle procedure di cottura, dunque nella forbice tra i 40 % e 60 % bisognerebbe tendere al valore basso che sarà compensato appunto dal vapore acqueo in più.
Premettendo che ad influire sull’umidità dell’aria esterna sono sistemi ambientali ampi su cui poco possiamo fare, su quelli interni alla casa o all’ufficio invece possiamo intervenire. Esistono anzitutto strumenti per la lettura dei parametri, alcuni di questi gestiscono in automatico gli apparecchi controllando il loro operato o il mantenimento degli standard. A fare il lavoro fisico sono i condizionatori, gli umidificatori e i deumidificatori che singolarmente o in collaborazione modulano le loro attività per il raggiungimento delle condizioni ottimali o a soddisfazione delle singole esigenze.
Vogliamo suggerire, per situazioni senza particolari esigenze, che le abitudini “di sempre” possono aiutarci a mantenere sana l’aria delle nostre case:
arieggiare quotidianamente, far entrare più luce possibile dalle porte e finestre, umidificare laddove vi fosse la presenza di fuoco vivo (camini o stufe), infine considerare le piante come amici strategici per l’equilibrio dell’umidità nell’aria. In particolare con problemi di umidità: tillandsia cyanea, la begonia, l’epiphyllum, la kalanchoe, la sanseveria. In caso invece di aria secca: areca palmata, palma di bambù, felce di Boston.